Sto infine legando i pezzi.
Proprio i pezzi che mancavano, come l’Inghilterra oppure il Belgio dalla tua cartina. Cartina, come la mappa di cui mi parlasti tempo fa e che ti mancava (“alla mia [energia] manca un vigile urbano” – “il vigile urbano sei tu” – “allora mi manca una cartina”).
Ci sono dei pezzi che manca(va)no. Ripetutamente. Come ripetuti erano gli attacchi del gatto, ieri notte. Un cartello gigantesco messo proprio davanti ai miei poveri occhi. La farfalla è simbolo dell’anima, cazzo, perché non l’ho visto all’istante. Come sono cieca. Sono stata lì a guardare la scena imbambolata, fissa, sentivo cose ma non riuscivo a lasciarle emergere.
Il ritorno. Anch’esso a più livelli come tutto quello di cui stiamo parlando, come tutto quello che ha davvero senso (“se ha una faccia sola, non è la verità”).
Sono due ore che cerco di scriverti questo messaggio. Quando le luci si sono accese intorno agli elementi che aspettavano di venire fuori, il corpo mi ha convocata in meditazione, stavo cominciando a muovermi là nel soggiorno, davanti a Gianluca, e non è bello. Potevo interrompere il flusso ma avrei rinunciato alle risposte. Mi sono alzata e sono andata a meditare in camera, i movimenti da alcuni giorni hanno una precisione che non avevano mai raggiunto in un anno. So che non mi abbandonerà più, e anche che dovrò allenarmi a sostenerla. Mi scoppiava letteralmente il cuore (tachicardia), e lo stomaco.
Perdona la lunghezza di questo messaggio. Sono certa che è a te che devo scriverlo, anche se avrai l’impressione di non capirlo. Lo capirai benissimo. Stai capendo tutto benissimo. Ti manca solo di accettarlo ed aprire gli occhi. Quando ti ho detto “sei ancora in tempo per tornare indietro” ti ho mentito. La tua scelta l’hai già fatta. Tutto sta a vedere fino a dove sarai capace di avanzare.
Il ritorno dicevo. Come l’esagramma che ho estratto ieri, nel giorno della farfalla e del gatto. Come il tuo “eterno ritorno” di oggi. Il ritorno a più livelli, uno dei quali è il ritorno di ciò che è morto. Una delle frasi del racconto del gatto, ieri: “chissà che non si possa ridar vita ai morti”. Altro livello: il ritorno del passato. Schemi passati, vecchie malattie, vecchi pattern da eliminare. Tornano in superficie per essere infine purificati, anche loro. Una nuova guarigione. Ultimo livello del ritorno: quello alla radice. Quello che stiamo tutti facendo ormai.
In meditazione quindi correnti molto forti e movimenti precisi, e ho sentito per la prima volta il movimento rotatorio del famoso III chakra (il ponte). E l’ho visto anche, per la prima volta. Non giallo. D’oro.
Non esiste relazione umana in cui sia uno soltanto ad imparare/attingere. Impariamo sempre in due, ciascuno i pezzi che mancavano. Il mio III chakra è dall’anno scorso in perfetto equilibrio spaziale ed energetico, ci ha pensato kundalini non è merito mio. Ma non ho mai accettato di lasciarlo espandere più di tanto. Ho un rifiuto del (mio) potere. Mi viene dal passato. Sono stata (statO) nell’eccesso di potere almeno in una vita. E sono stato ferito, tradito e ucciso. Non capisco ancora se sia in uno di questi eventi che ci fu la tua presenza.
Stamattina mi sono svegliata lenta e sconnessa. Nausea lieve. Stanchezza. Nessuna voglia di parlare, sopracciglia aggrottate. (Ma anche tantissimo affetto, e infatti mi sono strapazzata la Chiaretta, che per fortuna di suo è incline a questo ed altro. E anche la coreana grazie a dio è una cara fanciulla. Era a dire Sono per i cazzi miei, ma non per questo vi voglio meno bene.) Ogni volta che mi sveglio così so benissimo che al puzzle sta per aggiungersi un altro pezzo, è solo questione di tempo.
Quindi il tuo III chakra, e adesso il mio – che non avevo mai visto. Quanto a me, sei qui per aiutarmi a ricomprendere il senso equilibrato del potere. Questo passo è preliminare e necessario, da lì al cuore (la chiave) la strada è brevissima e diretta. Dal cuore si apriranno poi tutte le porte.
Il passato che ritorna. I vecchi pattern, gli schemi comportamentali provocati dalle esperienze del passato. Il karma (NB la Luna nella quale ci siamo incontrati era, fra l’altro, la Luna del karma). Sticazzi.
Poi c’è l’acqua. Te le ricordi le orme di piedi bagnati del tuo sogno. (È rianalizzando il sogno che ho capito che la scelta l’hai già fatta.) L’acqua è la conoscenza. Ti sei visto rientrare in casa (= dentro di te) portandoti dietro le tracce dell’immersione. Sapendo che sarebbe stato scomodo, e l’hai fatto lo stesso. Poi tu dici “si possono cancellare”, e ovviamente io ti sfotto. Perché è chiaro che ti sfotto se dici stronzate, sono qua apposta per buttar giù i muri – a colpi di martello pneumatico dicevamo. Sarò anche delicata ma non esiste altro modo.
L’istinto che va a caccia dell’anima (la quale sfugge per natura) e inchiodatala al suolo finalmente la divora. Il gatto e la farfalla. Il male allo stomaco, oggi. Il male al centro, al luogo del ponte.
Per aprire definitivamente il cuore devo liberarmi ancora di svariati pesi, e tu mi aiuterai. Mi stai GIÀ aiutando. Il principio dell’osmosi: ognuno cede quanto ha di troppo. Entrambi, infine, perfettamente in equilibrio.
La strada è questa. A questo punto mi auguro buon viaggio, perché io non mi fermo qui. È troppo importante quello a cui devo arrivare.
Ti abbraccio, e perdona se a volte ti sopravvaluto. È un segno di amore.